giovedì 1 dicembre 2011

Quando la ricerca calpesta l'etica

Il nostro blog ha dato, e continuerà a dare, ampio spazio alla comunità scientifica e alle ricerche svolte in campo medico per mostrare i progressi raggiunti, spesso ottenuti a grande fatica e con carenza di fondi, per debellare malattie e patologie con cui l’umanità intera convive, riponendo le uniche speranze proprio verso la ricerca medica.


Oggi ci concediamo anche noi una parentesi polemica.

Siamo in Italia: i finanziamenti alla ricerca vengono costantemente ridotti fino a toccare livelli incapaci di garantire il progresso scientifico e la maggior parte dei ricercatori “campa” con contratti precari e stipendi da fame fino a rassegnarsi al fatidico “esodo” di cervelli verso paesi che offrono prospettive e stabilità professionali migliori.

Siamo in Europa e la ricerca avanza su tutti i fronti, anche quelli più discutibili. E si perchè il caso del giorno è proprio questo... la creazione, in un laboratorio olandese, di un supervirus in grado di sterminare la popolazione (nazionale, mondiale, fate voi) con un’altissima capacità di contagio.
Un virus creato in laboratorio semplicemente per dimostrare che è possibile farlo!

Un virus che ora, quegli stessi ricercatori olandesi, insistono per poter pubblicare vedendo così “riconosciuti” i meriti del loro lavoro. E le conseguenze? E il risvolto etico? E quel giuramento di Ippocrate che vota la scienza e la medicina al benessere della salute e non alla distruzione, che fine fanno?

Pubblicare una ricerca simile significa diffondere un’arma che, chiunque con le necessarie preparazioni e i laboratori adeguatamente attrezzati, potrebbe utilizzare per scopi bellici, diffondere la ricetta di un’arma di distruzione permetterebbe a qualsiasi organizzazione terroristica di utilizzare uno strumento di distruzione di massa di portata mai vista. Ben oltre il nucleare, ben oltre le bombe atomiche.

Inoltre il fatto stesso di intraprendere una ricerca semplicemente per ottenere la gloria di un riconoscimento è un principio immorale in forte contrasto con quello che dovrebbe essere lo spirito che anima e che indirizza la ricerca stessa. La gente continua a morire di cancro e i soldi vengono investiti per creare un nuovo virus e per dimostrare che quel virus stesso esiste proprio perchè sintetizzato in un laboratorio?

Le potenzialità del bioterrorismo le conosciamo, ma non ci serve un attestato che dimostri che l’acqua è calda per provarlo. e soprattutto non ci serve che su quell’attestato ci sia la formula per ottenerla, diffondendone la pericolosità e mettendo a repentaglio il destino dell’umanità tutta per soddisfare l’ego di qualche ricercatore senza scrupoli.

La notizia sta circolando in rete in questi giorni, e se si parla tanto della modificazione del virus H5N1, quello dell’influenza aviaria per intenderci, non si parla affatto di eventuali antidoti in grado di bloccarlo. Qual è dunque lo scopo di una simile ricerca? forse scatenare la solita corsa al vaccino e creare un nuovo bisogno, di cui nessuno sentiva l’esigenza, per alimentare il business farmaceutico che sulla pelle umana ci campa?

Forse la comunità scientifica internazionale dovrebbe sedersi a tavolino e stabilire per bene la priorità degli obiettivi da raggiungere tenendo a mente quelle che sono le esigenze della popolazione e non i meccanismi che la finanziano, e concentrarsi in modo etico su progetti di utilità collettiva riconosciuta, evitando di creare problemi nuovi e soprattutto nuovi virus letali.

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