lunedì 28 aprile 2008

"nella scuola si sono verificati casi di pediculosi, si prega di controllare con attenzione la testa dei vostri bambini..."

Basta sentire il termine "pediculosi" che molte persone iniziano a grattarsi per l'associazione di idee che questo comporta. Suvvia, ammettiamolo, tutti li abbiamo avuti almeno una volta nella vita, e non è una colpa ma una condizione frutto della società in cui viviamo. Avere i pidocchi non è sintomo di trascuratezza o di carenza di igiene, ma "sono cose che capitano", non resta che prendere provvedimenti e intervenire per eliminare la presenza dei parassiti in modo definitivo. Definitivo, fino ad un certo punto, in quanto non esistono prodotti "preventivi" anche se a volte vi vengono venduti con queste promesse. I pidocchi si trasmettono per passaggio diretto o indiretto, il trasferimento può avvenire attraverso gli abiti o direttamente da capello a capello, certo quando in una famiglia si riscontra un caso di pediclosi, occorre intervenire immediatamente per evitare che si estenda ad altre persone.

I rimedi della nonna, e chi non se li ricorda, energiche lavate di capo con l'aceto e poi ore a fare scorrere il pettine sottilissimo tra i capelli, solitamente questo rito veniva accompagnato dal drammatico taglio di capelli. Poi sono arrivati i prodotti specifici. E ora i prododtti specifici sono diventati quasi inutili, sempre più spesso capita che i trattamenti risultino inefficaci, forse l'uso eccessivo di determinate sostanze chimiche ha prodotto una sorta di assuefazione, forse la genetica stessa dei pidocchi ha elaborato generazioni di superpidocchi particolarmente resistenti.

Dunque che fare quando occorre intervenire?
Probabilmente la soluzione migliore è data dall'interazione di comportamenti tutti volti ad arginare e a limitare il proliferare di questi minuscoli mostriciattoli. Intanto, bisogna dire che un pidocchio femmine vive all'incirca 3 settimane, periodo durante il quale depone 300 uova, chiamante lendini. Le lendini, piccole e gelatinose, si attaccano ai capelli e rimuoverle diventa difficile quanto necessario. La sensazione di prurito è causata dal pidocchio che si attacca alla cuta e succhia il sangue. Un buon trattamento va ripetuto per alcuni giorni in modo da sterminare anche i pidocchi nati dalle lendini sopravvissute ad un primo intervento "manuale" attuato con il vecchio pettine sottile. I prodotti in commercio sono tanti, può capitare che alcuni si rivelino inefficaci, non resta che provarne altri, tra le varie soluzioni forse la migliore è la mousse perchè s i applica in modo uniforme sui capelli, viene mantenuta per un tempo tale da assicurare un risultato e contiene una quantità di principio attivo che resta stabile. Lo shampoo, invece, viene diluito con l'acqua e perde la potenza dell'azione concentrata, anche le polveri non sono generalmente apprezzate perchè difficilmente si stendono uniformemente, mentre un'altra valida soluzione è la crema, simile alla mousse. Esistono poi degli spray che dovrebbero avere un'azione repellente.
Oltre al trattamento personale, occorre intervenire anche su pettini, spazzole, abiti, lenzuola e biancheria, in modo da lavare e disinfettare tutto quanto possa contenere pidocchi o uova, se non si possono lavare (meglio a secco) i peluches, veicoli di trasmissione al pari degli abiti, può essere una buona soluzione isolarli mettendoli, meglio se all'aperto, per almeno 48 ore. Il pidocchio infatti non sopravvive lontano dal cuoio cappelluto.

L'unico comportamento preventivo può essere quello di attuare comportamenti sicuri, soprattuto per quanto riguarda la gestione dei bambini. Poter appendere i giubbotti o gli accappatoio (o altri abiti) in modo da evitare il contatto con i vestiti altrui è un modo per limitare il contagio, ma a parte questi accorgimenti, i pidocchi sono una realtà periodica che si ripresenta in concomitanza con alcune stagioni, e le farmacie vengono svaligiate nel giro di pochi giorni da ogni rimedio di scorta, perchè il fattore contagio è altissimo.


Aggiorno questo post inserendo utili consigli per chi cerchi una soluzione alla pediculosi tramite rimedi naturali:

Si sono rivelati utili l'olio essenziale di rosmarino e di lavanda.

lunedì 21 aprile 2008

LA NUOVA RISONANZA MAGNETICA PER OBESI E CLAUSTROFOBICI

E’ prodotta dalla Siemens la prima risonanza magnetica studiata per dare un maggiore confort ai pazienti, soprattutto per le persone che soffrono di claustrofobia e gli obesi. Rispetto ai tomografi tradizionali, il tunnel è più ampio di circa 30 centimetri, la forma è più compatta e soprattutto la lunghezza è decisamente inferiore, si parla di 125 centimetri contro i 2 metri tradizionali. Data questa dimensione contenuta, nella maggior parte dei casi sarà possibile tenere la testa al di fuori del tunnel, con il vantaggio evidente di un approccio più sereno meno turbato da pressioni psicologiche.
Questo tipo di struttura è ampiamente utilizzato negli Stati Uniti, dove l’incidenza degli obesi sul totale della popolazione è molto elevata, e per quanto il problema obesità sia più contenuto in Italia, sfiorando circa il 10% della popolazione, l’esigenza di poter rendere fruibile un servizio di diagnostica sanitaria tecnologicamente avanzato a tutta la popolazione è sicuramente un obiettivo sanitario che deve essere perseguito. Attualmente il tomografo è disponibile presso la Casa di Cura Igea di Milano, ma è facile pensare ad una prossima diffusione capillare sul territorio nazionale per venire incontro alle esigenze della popolazione. Per una persona obesa, il limite fisico di dover entrare in un tunnel troppo stretto per contenerne il corpo è un ostacolo invalicabile, ma anche il fattore psicologico che condiziona i claustrofobici non può essere sottovalutato, infatti i tempi di permanenza per l’effetuazione di un esame sono lunghi, e la costrizione di una postura immobile dovrebbe essere accompagnata ad uno stato di calma assoluta, soprattutto per quanto riguarda il movimento prodotto dalla respirazione che rischia di inficiare i risultati. Sicuramente, per un claustrofobico, il dover effettuare una risonanza magnetica è motivo di panico e di rifiuto psicologico che spesso si traduce nella concreta impossibilità di riuscire ad effettuare l’esame, esame che, ovviamente, viene prescritto quando si ritiene sia indispensabile per una corretta diagnosi.
Insomma, un circolo vizioso che condiziona la vita di molte persone, rendendo anche difficile la gestione degli strumenti e dei tempi da parte del personale sanitario che se ne occupa.
Ovviamente, oltre alla forma e alle dimensioni del tomografo, la macchina è tecnologicamente avanzata e permette l’effettuazione di esami precisi, oltre alla possibilità di digitalizzare immediatamente l’immagine permettendo l’immediata condivisione dei referti.

venerdì 18 aprile 2008

dietro front su vitamine e integratori!

Se siete degli abituali consumatori di integratori vitaminici, questa notizia potrebbe davvero lasciarvi senza parole. Pare che non solo siano “inutili” ma spesso addirittura “dannosi” per la salute, a dirlo sono i ricercatori dell’Università di Copenhagen, che hanno condotto ben 67 studi su 230 mila persone sane. Ai termini delle sperimentazioni, non solo non sono stati dimostrati i presunti benefici attribuiti a integratori vitaminici e antiossidanti, ma addirittura i prodotti sintetici presentano un aumento del rischio di morte prematura, valorizzata sul 16%. Dati piuttosto inquietanti, dal momento che solitamente chi assume integratori è proprio colui che più cerca di curare la propria salute e il proprio benessere psicofisico, anche a rischio di ingenuità che poi, a quanto pare, si rischiano di pagare davvero care. Nello specifico, pare che l’effetto dei radicali liberi interferirebbe con il sistema immunitario, soprattutto per quanto riguarda le vitamine A ed E e il beta carotene. Per quanto riguarda la vitamina C, non è stato riscontrato alcun effetto negativo derivante dalla sua assunzione, ma pure non è stato riscontrato alcun beneficio.
Il consumo di integratori in pillole, negli ultimi anni, ha assunto proporzioni veramente notevoli, sia per quanto riguarda la sfera sportiva, in cui la ricerca dell’ottimizzazione della prestazione porta ad approfondire ogni campo a disposizione di applicazione di variabili, sia nella gente comune, persone generalmente attente alla propria alimentazione e al proprio stato di salute che, ingerendo una dose di vitamine in pillole, sono assolutamente convinte di fare un investimento positivo per il proprio futuro. Il mercato di tali integratori è diventato imponente, sono uno dei prodotti di punta dell’industria para-farmaceutica che scatena maggiormente la concorrenza, dando il via ad un meccanismo spesso sproporzionato di marketing, di pubblicità, di condizionamento dell’idea stessa di salute e benessere.
Il modo migliore per assumere vitamine, è, ovviamente, attraverso un’alimentazione corretta, che preveda varietà e attenzione per la scelta degli ingredienti, i primi alleati per la salute umana sono i principi contenuti nella frutta e verdura che dispensano benefici a costi contenuti, l’alimentazione è il primo fattore su cui investire per avere una popolazione sana, i surrogati che dovrebbero sopperire alle carenze di una normale alimentazione non sono una soluzione, anzi, possono diventare l’inizio di un problema più grande.

martedì 15 aprile 2008

CLONAZIONE:VARCATE NUOVE FRONTIERE

E’ di questi giorni una notizia che fa riflettere molto il mondo scientifico e non solo, perchè la tecnica che aveva permesso la clonazione della pecora dolly, messa a punto dal Roslin Insitute di Edimburgo, è stata perfezionata, modificandola radicalmente e ponendo la questione clonazione di nuovo di fronte all’opinione pubblica, con presupposti scientifici e morali nuovi e pericolosamente audaci.
La nuova tecnica prevede che una cellula della pelle di un esemplare adulto venga inserita in un embrione creato in provetta durante i primi stadi di sviluppo,in pratica le staminali embionali vengono ottenute da cellule della pelle fatte regredire fino allo stadio di cellule pluripotenti, la metodologia è decisamente più semplice rispetto agli elaborati esperimenti che avevano fatto nascere dolly, e questa semplicità di realizzazione è sicuramente un fattore da tenere in considerazione che può spingere scienziati o paesi con pochi scrupoli ad approfondire autonomamente queste ricerche, estendendosi facilmente anche sull’uomo.
Per ora i risultati effettuati su topi hanno sono stati considerati incoraggianti, la percentuale di “clonazione” andata a “buon fine” è molto alta e gli effetti collaterali sembrano essere irrilevanti. Paradossalmente, la metodologia adottata pare possa essere facilmente accettata anche dal mondo cattolico e dai governi generalmente più restrittivi nel campo della speriementazione scientifica, creando un nuovo punto di vista che sicuramente aprirà dibattiti e speculazioni atte a difendere o a condannare quella che resta una delle frontiere scientifiche più inviolabili: la duplicazione umana.

Aviaria: elaborato un primo vaccino

Nel 2005 e nel 2006 l’aviaria ha creato il panico in molta popolazione mondiale, condizionandone le abitudini alimentari, spesso immotivatamente, con la minaccia di questa malattia con una percentuale di mortalità quasi totale. Non tutte le persone che sono state colpite dai focolai di influenza aviaria sono morte, in alcuni individui il sistema immunitario ha reagito al virus HTN1 neutralizzandolo, ed è proprio da questi “miracolati” che la ricerca è partita per mettere a punto un primo vaccino che sfrutta queste risorse immunitarie per arginare e combattere eventuali minacce di pandemia. Il vaccino allo stato attuale è importante soprattutto per la ricerca, oltre che per i casi di emergenza estrema, attraverso lo studio degli anticorpi naturalmente sviluppati nel corpo umano, sarà infatti possibile elaborare dei farmaci-anticorpi prodotti sinteticamente in laboratorio, e dunque su larga scala. La ricerca che ha portato a questi primi grandi risultati, e che ha obiettivi ancora grandi da perseguire, è condotta da uno staff di ricercatori turchi e statunitensi coordinati da Richard Lerner del centro di ricerca californiano “the scripps research insitute, La Jolla”.

venerdì 11 aprile 2008

Settimana Nazionale della Tiroide

La Settimana Nazionale della Tiroide”, in programma dal 12 al 16 maggio 2008, permetterà ai cittadini che si recheranno negli ospedali aderenti di sottoporsi ad una visita specialistica gratuita per verifica l’eventuale presenza di alterazioni della tiroide. Promotori dell’iniziativa sono il Club delle U.E.C, l’Associazione delle Unità di Endocrinochirurgia Italiane e l’Associazione Italiana della Tiroide, con il patrocinio della Società Italiana di Medicina Generale e di Cittadinanzattiva. Ad aderire all’iniziativa saranno 100 ospedali, per conoscere quello più vicino si dovrà telefonare al numero Verde 800.911.255 a partire da lunedì 5 maggio. Saranno effettuate circa 5000 visite gratuite, circa 10 al giorno in ognuno degli ospedali aderenti, una quota importante come iniziativa ma simbolica rispetto alla percentuale di popolazione che soffre di disturbi alla tiroide, l’evento vuole essere sostanzialmente una campagna di sensibilizzazione per quello che riguarda la prevenzione e la diagnosi precoce. Grazie a strumenti sofisticati è possibile rilevare noduli anche di minime dimensioni che, generalmente, si rivelano benigni La maggior parte delle malattie della tiroide viene curata con terapie farmacologiche, solo in minima percentuale si ricorre all’intervento chirurgico, e anche in questo caso l’intervento ha raggiunto un grado di perfezionismo tale da garantire cicatrici di piccole dimensioni e ridurre al minimo il rischio di danneggiare le corde vocali. Le malattie della tiroide più difuse sono l’ipotiroidismo, l’ipertiroidismo e il nodulo, con o senza gozzo.


nuova tecnica per asportare l'appendicectomia

La chirurgia laparoscopica, ossia quella che viene effettuata limitando al massimo l’aspetto invasivo e riducendo al minimo le cicatrici e dunque i punti di sutura, si è rivelata adattabile anche nell’appendicectomia. Nell’Università della California di San Diego è stata messa a punto una tecnica che prevede l’asportazione della appendice tramite una sonda introdotta lungo l’esofago del paziente. La tecnica è ancora in fase di sperimentazione, un intervento analogo, ma con metodologia differente, era già stato approntato in India. Se questo tipo di intervento verrà adottato in maniera routinaria o se rimarrà una variante da adottare in casi particolari, è difficile dirlo, certo è evidente che si cerca di sfruttare sempre di più la laparoscopia, considerata la tecnica del presente, ma anche del futuro.

mercoledì 9 aprile 2008

prima di partire per un lungo viaggio....

Se state programmando un viaggio nelle aree tropicali o subtropicali, non si può trascurare la profilassi sanitaria. Non sarà necessario vaccinarsi contro tutte le malattie che vado ad elencare, ma se per curiosità volete sapere a quali rischi si possa andare incontro, eccone un elenco piuttosto completo.

Le malattie legate all’ambiente (e relative cause) che colpiscono i viaggiatori sono, in ordine di incidenza (quindi dalla più diffusa alla più rara):

-18pt;">Malaria (causata dalla zanzara Anopheles)
Tripanosomiasi africana (glossina )
Tripanosomiasi americana (cimici)
Leishmaniosi (phlebotomus)
Febbre gialla – Dengue (zanzare aedes-haemagogus)
Encefaliti virali (zanzare culex-anopheles, zecche)
Febbre ricorrente (pidocchi, zecche)
Peste (pulci)
Tifo petecchiale (pidocchi)
Filariosi linfatiche (zanzare culex- anopheles)
Filariosi cutaneo-dermiche – Loiasi (chrysops (tafani) e Oncocercosi (simulium)
Carbonchio (animali malati o loro prodotti)
echinococcosi – contatto con cani e ingesione di alimenti contaminati con escrementi di cani
rabbia – morso, graffio o leccamento da animale infetto
febbri emorragiche: junin e machupo in sud america, febbre di lass n Africa, febbre emorragica con sindrome renale in estremo oriente, ex urss, europa sud-orientale
schiostosomiasi ( acqua dolce, molluschi)

Le malattie legate all’alimentazione che colpiscono i viaggiatori sono, in ordine di incidenza:

Diarrea del viaggiatore
Salmonellosi maggiori e minori
Shigellosi
Colera
Brucellosi
Poliomielite anteriore acuta
Diarre da enterovirus
Epatite a, e
Amebiasi
Giardiasi
Criptosporidiosi
Ciclosporiasi
Tricocefalosi
Teniasi
Ascardiasi
Echinococcosi
Clonorchiasi
Trichinosi

Le malattie legate ai contatti interpersonali che possono occorrere sono:

Malattie sessualmente trasmissibili (epatite B, C, infezione da HIV, infezione da H. simplex w, gonorrea, sifilide, ulcera molle, donovanosi, linfogranuloma venereo, uretrite acuta, vulvo vaginite)

Malattie trasmesse per stretto contatto personale (da ectoparassiti)

scabbia e pediculosi del pube

Malattie trasmesse per via aerea

difterite e meningite meningococcica

Un paio di mesi prima della partenza è opportuno sottoporsi ad un counselling che terrà conto della zona da visitare oltre ad altri fattori legati alla salute del viaggiatore, età, sesso ecc... per decidere quale profilassi è consigliabile effettuare. Genrealmente è necessario vaccinarsi o effettuare un richiamo per la febbre gialla, l'epatite A e B, il tifo addominale e paratifi, tetano-difterite e poliomielite, in casi particolri potranno essere aggiunte altre profilassi (meningite meningococcica, rabbia, tubercolosi, morbillo, encefalite giapponese ed encefalite da zecche).

Diversa la protezione dalla malaria, che si basa sull'assunzione di farmaci diversificati in relazione alla zona da visitare e all'utilizzo di repellenti cutanei e altri accorgimenti atti a tenere lontane le zanzare.

Il malessere comunque più accusato durante un viaggio è la diarrea del viaggiatore, inconveniente che può essere evitato con alcuni accorgimenti: preferire cibi ben cotti e correttamente conservati, bevande preparate con acqua bollita o imbottigliate, scegliere le verdure crude solo se lavate con grande cura, sbucciare la frutta personalmente, evitare di aggiungere ghiaccio alle bevande e non consumare alimenti comprati dai venditori ambulanti.

Detto ciò, potete iniziare a sfogliare i cataloghi delle vostre vacanze.


martedì 8 aprile 2008

una ricercatrice italiana firma il mix 557

Le favolose proprietà dell’iperico erano già conosciute dalle nostre nonne, che avevano la buona abitudine di prepararne un olio e tenerlo in casa per le evenienze, ma anche nell’epoca moderna fatta di strumenti sofisticati che permettono di creare medicinali all’avanguardia, l’iperico recalama il suo posto nell’applicazione farmacologica moderna. Due ricercatori dell’Enea, Fiorella Carnevali, veterinario, e Stephen Andrew van del Esh, biologo, hanno brevettato il “mix 557” ovvero un unguento ricavato dall’iperico in associazione con un’erba asiatica, il Neem, anche conosciuta come Azadirachta indica, usata anch’essa fin da tempi immemori come pianta medicinale indiana, in particolare per le sua doti di repellente. I risultati ottenuti dalla sperimentazione, sia su animali che su popolazione umana, hanno dato esiti veramente eccezionali. In pratica, associando le capacità cicatrizzanti dell’iperico a quelle biocida e repellenti del Neem, si ottiene un unguento che crea una patina protettiva sulle ferite, di qualsiasi dimensione ed entità, permettendone la cicatrizzazione rapida in un ambiente sterile. La medicina, che sarà introdotta a breve in commercio, avrà un utilizzo sia umano che veterinario, evitando per esempio le infezioni causate da insetti quali mosconi, tafani, zanzare ecc....e dal deposito delle uova di questi insetti. Grandi applicazioni per questo farmaco si presume possano anche riguardare il campo delle grandi ustioni, dove una delle principali cause di morte è proprio l’attacco di germi sulla superficie lesa.
L'attenzione su questo nuovo unguento è molto alta perchè i risultati e le applicazioni sono veramente ampi e permettono di curare le ferite gravi in breve tempo e con risultati di cicatrizzazione eccellenti, ferite complesse da raschiamento da asfalto, precedentemente trattate in modo complicato e con decorsi di guarigione lunghi, potranno essere risolte in poche settimane, e le sperimentazioni effettuate sui pazienti affetti da ulcere ne hanno rivelato immediatamente il carattere di grande farmaco, ma le aspettative più alte restano quelle sulle applicazioni dei grandi ustionati.
Finalmente un nome italiano che firma uno dei ritrovati più rivoluzionari, e tradizionali al tempo stesso, in quest'epoca di scoperte scientifiche continue ma non sempre all'avanguardia per necessità reale e utilità d'applicazione.
A breve dovrebbe essere introdotta in commercio con la Rimos, una società del consorzio medicale di Mirandola.

lunedì 7 aprile 2008

L'iperidrosi

L’iperidrosi è la sudorazione eccessiva localizzata nell’area ascellare e delle mani, fenomeno di cui soffre circa l’1% della popolazione. In alcuni soggetti si sviluppa in seguito a determinate condizioni, può essere uno strascico della menopausa, o un effetto dettato dall’obesità, o ancora conseguenza di ipertiroidismo o terapie ormonali, ma vi sono anche soggetti in cui la sudorazione è eccessiva e fastidiosa fin dall’età giovanile. E non sempre convivere con questo disagio è facile, certo non piacevole.

La sudorazione alle mani viene spesso sottovalutata, ma esattamente come quella ascellare, causa disagi e difficoltà psicologiche a chi ne soffre, condizionandone la vita quotidiana.

Solitamente i primi accorgimenti che si adottano sono l’uso di prodotti antitraspiranti, che si rivelano però pagliativi di scarso aiuto. Altri trattamenti possono essere la ionoforesi e l’infiltrazione della tossina botulinica, ma quest’ultimo è particolarmente doloroso e non risolutivo.

Si può intervenire anche chirurgicamente per risolvere il problema, con un tipo di intervento che ha una percentuale di successo del 95%, la simpaticotomia toracica endoscopica. L’intervento viene effettuato in anestesia totale perchè occorre collassare temporaneamente il polmone per poter procedere, ma i tempi di degenza sono ridotti al minimo e il dolore causa dell’operazione è considerato tollerabile, non vi sono neanche particolari terapie post-operatorie da seguire e le cicatrici risulteranno minime, quasi invisibili.

Vengono praticati due piccoli fori nell’area ascellare e attraverso questi si accede ai gangli simpatici del torace, effettuando la sezione della catena simpatica in punti diversi a seconda del problema da risolvere (sudore solo ascellare o solo palmare o palmo-ascellare). L’operazione viene effettuata limitando l’aspetto invasivo grazie all’introduzione di un’ottica collegata ad una telecamera che permette di visualizzare con chiarezza tutti i dettagli anatomici.

Personalizzando il tipo di intervento, vengono ridotte fortemente le possibilità di causare effetti collaterali, quali l’eventualità di una sudorazione compensatoria diffusa su altre zone del corpo, come schiena, cosce addome, solitamente di entità non particolarmente fastidiosa e considerata accettabile, e la sindrome di Horner, cioè l’abbassamento della palpebra.


domenica 6 aprile 2008

Il gamma orizanolo

Il gamma orizanolo e l’olio di riso. Elisir di lunga vita o massiccia operazione pubblicitaria?

Il gamma orizanolo è un insieme di molecole diverse contenute nel seme del riso che possiedono caratteristiche di acidi (chiamati acidi ferulici) in quantità variabile.

IL gamma orizanolo è recentemente oggetto di grandi discussioni per le sue presunte capacità anti-colesterolo che lo imporrebbero sul mercato alimentare, prevalentemente sotto forma di olio di riso ma anche di capsule (integratori alimentari).

Nell’olio di riso, bisogna comunque notare, ma del resto è riportato chiaramente anche sulle etichette del prodotto in commercio, che l’orizanolo è aggiunto alla fine del processo produttivo, in quanto si parla di riso e non di olive, per cui non si parla di spremitura ma di estrazione, e questo rappresenta comunque una sofisticazione del prodotto (non si può fare in casa, insomma…). Al di là di quello che è il processo produttivo, le doti attribuite al gamma orizanolo nella riduzione del colesterolo e anche del danno causato, ossia dell’arteriosclerosi, sembrano essere veramente notevoli, o meglio, incoraggianti.

Incoraggianti perché scientificamente sono stati effettuati ad oggi solo pochi test su campioni di popolazione numericamente molto limitata, per cui non si hanno a disposizione dati reali per poter avvalorare i dati ottenuti invece dagli esperimenti in vitro e sugli animali, che sono molto promettenti.

L’olio di riso contenente il gamma orizanolo ha ottenuto il benestare del Ministero della Salute per essere introdotto sul mercato, è un alimento sano e alternativo, ma non è una medicina, e dunque non può sostituire trattamenti farmacologici, ma visto nell’ottica di una sana e corretta alimentazione volta a tutelare la salute e a limitare l’uso e soprattutto l’abuso di grassi dannosi per la salute, è una risorsa che permette di prendersi maggiormente cura del proprio benessere. Se poi la ricerca ci dimostrerà che effettivamente è un elisir miracoloso che permette di combattere il colesterolo, saremo tutti felici di fargli un po’ di spazio sulle dispense alimentari .

Non è un prodotto “nuovo” come invece ci viene proposto, e questo è abbastanza sintomatico di una forte operazione di marketing che vorrebbe presentarlo come elemento innovativo per aumentarne le vendite e introdurlo nelle abitudini alimentari dei consumatori.

sabato 5 aprile 2008

la disfonia

Come parliamo? Com’è la nostra voce? E soprattutto, che esempio di voce hanno i nostri figli intorno che condizioneranno la loro?

Si perché anche la voce è in un certo senso contagiosa, e le cattive abitudini rischiano di essere trasmesse con la conseguente perdita di capacità espressiva e comunicativa.

Da un punto di vista strettamente medico, la disfonia spasmodica, conosciuta anche come disfonia spastica o distonia laringea, è un disturbo molto raro, difficile da diagnosticare e difficile anche da curare, la chirurgia non offre benefici e tra i vari tipi di intervento l’unico che offre dei vantaggi sono le iniezioni della tossina botulinica, che riesce ad ottenere degli effetti benefici sulla voce per circa tre mesi, terapia che deve dunque essere ripetuta periodicamente. La disfonia spastica colpisce i muscoli vocali della laringe, i muscoli delle corde vocali hanno delle contrazioni che rendono il parlare faticoso e la voce risulta strozzata e forzata, tremante o apirata. I sintomi possono migliorare in alcune circostanze, quando ci si rilassa, se si ride, si canta o se si sbadiglia, e peggiorare in alcune condizioni, come il parlare al telefono o in stati di tensione emotiva. Ma la disfonia non è una malattia causata da stress.

Sempre da un punto di vista strettamente medico, la disfonia spasmodica può essere di tipo adduttorio, e si verifica con una contrazione eccessiva, involontaria e abnorme della muscolatura che avvicina le corde vocali, e la conseguenza è una voce strozzata, con un inizio e una fine bruschi. Nella disfonia di tipo abduttorio invece è eccessiva la contrazione dei muscoli che allontanano le corde vocali, e la voce risulta sussurrata, discontinua e affannosa, a tratti ansimante e tremante.

La causa della malattia è sconosciuta, accreditate le tesi di un trauma alle corde vocali e pare che anche l’uso di un farmaco, il fenotiazine, può essere considerato fattore di rischio. Indipendentemente dalle cause, si ritiene che nei pazienti disfonici vi sia un funzionamento alterato dei gangli della base, un’area del cervello che serve a coordinare la muscolatura di tutto il corpo.

Ma se la disfonia acutizzata e identificata come una malattia è rara, lo è meno la cattiva abitudine di sottovalutare la voce, cessando di ascoltarla per prestare attenzione solo al contenuto e non alla forma. Ma anche la forma, ovvero il tono della voce, è importante, fa parte delle nostre caratteristiche fisiche e possiamo cercare di valorizzarla, prestando attenzioni alle abitudini sbagliate da evitare e iniziando ad assumere comportamenti corretti.

La voce rauca, come quando si è influenzati, rischia di diventare una condizione abituale della nostra vita, soprattutto per via de atteggiamenti sbagliati. Il gridare, innanzitutto, il doversi esprimere con un tono di voce alterato per farsi sentire, condiziona le persone che ci stanno accanto e trasmette un esempio di voce distorta. La presenza di televisori o radio accesi ad alto volume rende faticosa la conversazione, perché per parlare occorre usare un tono di voce più alto degli apparecchi, e offre un pessimo esempio ai bambini che ascotano e non imparano le corrette diamiche del dialogo, fatto di tempi d’ascolto e di tempi di espressione. Anche il parlare sotto sforzo è una cattiva abitudine che affatica la voce e la distorce, così come il parlare senza guardare il nostro interlocutore in faccia è un fattore di dispersione, perché implica un meccanismo che alza la voce. Mentre, la voce “sana” deve poter uscire senza sforzo tanto ad alto quanto a basso volume, gridare non dev’essere una condizione abituale.

Le persone più a rischio disfnonia sono considerate quelle che parlano tanto, come gli insegnanti e le maestre, che spesso tendono ad alzare la voce per farsi sentire dai bambini, offrendo tra l’altro un modello sbagliato.

Cosa evitare per difendere e curare la propria voce:

* Chiamarsi a distanza ad alta voce, da una stanza all’altra della casa, per esempio, o da un balcone ad un cortile, sono abitudini sbagliate e sarebbe opportuno evitarle

* Parlare a volume eccessivo e cantare a squarciagola

* Parlare tanto anche quando si è raffreddati e senza voce

* Parlare troppo

* Parlare in ambienti fumosi e rumorosi

* Parlare durante uno sforzo fisico

* Parlare in fretta e in apnea, con concitazione

* Urlare per farsi sentire

* Non guardare in faccia le persone con cui si parla

E cosa è invece utile accorgimento per migliorare la nostra voce:

* Curare il valore della conversazione, rispettarne i tempi e le dinamiche, aspettare il proprio turno per parlare e guardando in viso il nostro interlocutore

* Chiacchierare senza fretta

* Chiacchierare in luoghi non rumorosi

* Non forzare la gola in condizioni di salute alterata

* Non parlare sotto sforzo, attendere di avere una respirazione regolare

venerdì 4 aprile 2008

la dislessia evolutiva

La dislessia evolutiva non è una malattia ma un disturbo che deve essere riconosciuto e affrontato con competenza e professionalità, nella migliore sinergia che si può costituire tra scuola, famiglia e servizio sanitario.

Il bambino che soffre di dislessia presenta dei sintomi che devono essere decifrati dagli insegnanti coinvolti nella sua educazione scolastica, e questo implica una lucida capacità di oggettività : i bambini dislessici, prima dell’identificazione del disturbo, vengono spesso considerati pigri, svogliati, indolenti, distratti, poco inclini allo studio e non è raro che vengano chiamati in causa eventuali disagi famigliari o problemi di natura psicologica. Un bambino dislessico viene frequentemente considerato un “peso” che rallenta l’apprendimento generale della classe, e i meccanismi psicologici che conseguentemente si innescano tendono a ferire il bambino, a offenderlo, a emarginare, a stillare la convinzione di essere meno intelligente rispetto ai compagni di classe.

La dislessia non è una malattia, non si cura e non si guarisce, ma un disturbo di tipo costituzionale forse legato anche ad aspetti ereditari. Un bambino dislessico non è meno intelligente dei suoi coetanei, ma deve convivere con l’incapacità del suo cervello di automatizzare il processo di lettura, cioè di leggere correntemente. Mentre la lettura, nei non dislessici, diventa un meccanismo quasi involontario, per cui osservando alcune lettere poste in successione leggerle è istintivo , nei dislessici questo non accade, e tutte le parole sono delle incognite che vanno affrontate con concentrazione e impegno, come se fossero sempre nuove e da scoprire. L’energia di un tale processo è sicuramente immensa, ed ecco perché è ancora più grande la frustrazione nel non riuscire ad accontentare le aspettative di insegnanti e famiglie raggiungendo gli obiettivi attesi per un bambino non dislessico.

L’origine della parola dislessia deriva dal greco dis (disfunzione, anomalia) e lexis (parola). Indica chiaramente la difficoltà nell’acquisizione di una lettura fluente nonostante si sia in presenza di un’intelligenza normale, di un normale livello di scolarizzazione e nell’assenza di patologie oculari, neurologiche e psichiatrice.

La dislessia non è affatto un fenomeno raro, colpisce 4 bambini su 100, in pratica un bambino in ogni classe, e data questa diffusione il problema non può e non deve essere sottovalutato, ecco perché negli ultimi anni molto si è investito per cercare di sensibilizzare e istruire, anche attraverso corsi di aggiornamento mirati, le professionalità coinvolte nelle fasi educative dei bambini, insegnanti delle scuole elementari in primis.

La dislessia non è una malattia e dunque non si guarisce, ma è possibile e anzi una precisa responsabilità dell’insegnante, trovare strategie alternative che permettano agli studenti dislessici di poter affrontare i propri limiti con maggior facilità e potersi concentrare maggiormente sulla propria autostima e conseguentemente sull’apprendimento. Gli studenti dislessici sono dotati di una diversa abilità rispetto ai normodotati, ma questo non deve essere un pregiudizio e una condanna ma una consapevolezza che deve essere approfondita per poter ottenere buoni risultati nel corso degli studi. L’uso di personal computer, per esempio, dotati di programmi di correzione automatica e di audio scrittura, di calcolatrici, la concessione di tempi più lunghi rispetto a quelli assegnati ai compagni non dislessici nella compilazione di questionari, test o compiti in classe sono tutti piccoli accorgimenti che possono limitare le difficoltà di apprendimento e permettere ai bambini dislessici di non restare indietro rispetto ai progressi raggiunti dei compagni di classe.

Consiglio a tutti quelli che volessero approfondire l’argomento di visitare il sito dell’Associazione Italiana Dislessia, dove è possibile trovare iniziative, informazioni, aggiornamenti, leggi e tutto quanto sia legato alla realtà della dislessia. E’ anche possibile sostenere il lavoro svolto dall’Associazione Italiana Dislessia individuandola come associazione destinataria del 5 per 1000 della dichiarazione dei redditi.

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