venerdì 4 aprile 2008

la dislessia evolutiva

La dislessia evolutiva non è una malattia ma un disturbo che deve essere riconosciuto e affrontato con competenza e professionalità, nella migliore sinergia che si può costituire tra scuola, famiglia e servizio sanitario.

Il bambino che soffre di dislessia presenta dei sintomi che devono essere decifrati dagli insegnanti coinvolti nella sua educazione scolastica, e questo implica una lucida capacità di oggettività : i bambini dislessici, prima dell’identificazione del disturbo, vengono spesso considerati pigri, svogliati, indolenti, distratti, poco inclini allo studio e non è raro che vengano chiamati in causa eventuali disagi famigliari o problemi di natura psicologica. Un bambino dislessico viene frequentemente considerato un “peso” che rallenta l’apprendimento generale della classe, e i meccanismi psicologici che conseguentemente si innescano tendono a ferire il bambino, a offenderlo, a emarginare, a stillare la convinzione di essere meno intelligente rispetto ai compagni di classe.

La dislessia non è una malattia, non si cura e non si guarisce, ma un disturbo di tipo costituzionale forse legato anche ad aspetti ereditari. Un bambino dislessico non è meno intelligente dei suoi coetanei, ma deve convivere con l’incapacità del suo cervello di automatizzare il processo di lettura, cioè di leggere correntemente. Mentre la lettura, nei non dislessici, diventa un meccanismo quasi involontario, per cui osservando alcune lettere poste in successione leggerle è istintivo , nei dislessici questo non accade, e tutte le parole sono delle incognite che vanno affrontate con concentrazione e impegno, come se fossero sempre nuove e da scoprire. L’energia di un tale processo è sicuramente immensa, ed ecco perché è ancora più grande la frustrazione nel non riuscire ad accontentare le aspettative di insegnanti e famiglie raggiungendo gli obiettivi attesi per un bambino non dislessico.

L’origine della parola dislessia deriva dal greco dis (disfunzione, anomalia) e lexis (parola). Indica chiaramente la difficoltà nell’acquisizione di una lettura fluente nonostante si sia in presenza di un’intelligenza normale, di un normale livello di scolarizzazione e nell’assenza di patologie oculari, neurologiche e psichiatrice.

La dislessia non è affatto un fenomeno raro, colpisce 4 bambini su 100, in pratica un bambino in ogni classe, e data questa diffusione il problema non può e non deve essere sottovalutato, ecco perché negli ultimi anni molto si è investito per cercare di sensibilizzare e istruire, anche attraverso corsi di aggiornamento mirati, le professionalità coinvolte nelle fasi educative dei bambini, insegnanti delle scuole elementari in primis.

La dislessia non è una malattia e dunque non si guarisce, ma è possibile e anzi una precisa responsabilità dell’insegnante, trovare strategie alternative che permettano agli studenti dislessici di poter affrontare i propri limiti con maggior facilità e potersi concentrare maggiormente sulla propria autostima e conseguentemente sull’apprendimento. Gli studenti dislessici sono dotati di una diversa abilità rispetto ai normodotati, ma questo non deve essere un pregiudizio e una condanna ma una consapevolezza che deve essere approfondita per poter ottenere buoni risultati nel corso degli studi. L’uso di personal computer, per esempio, dotati di programmi di correzione automatica e di audio scrittura, di calcolatrici, la concessione di tempi più lunghi rispetto a quelli assegnati ai compagni non dislessici nella compilazione di questionari, test o compiti in classe sono tutti piccoli accorgimenti che possono limitare le difficoltà di apprendimento e permettere ai bambini dislessici di non restare indietro rispetto ai progressi raggiunti dei compagni di classe.

Consiglio a tutti quelli che volessero approfondire l’argomento di visitare il sito dell’Associazione Italiana Dislessia, dove è possibile trovare iniziative, informazioni, aggiornamenti, leggi e tutto quanto sia legato alla realtà della dislessia. E’ anche possibile sostenere il lavoro svolto dall’Associazione Italiana Dislessia individuandola come associazione destinataria del 5 per 1000 della dichiarazione dei redditi.

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